domenica 1 dicembre 2013

L'inventore della cucina molecolare ha mantenuto qualcosa di umano...

L'ha capito anche Ferran Adrià inventore della cucina molecolare, che l'alimentazione la crea la natura, il cuoco ha solo il compito di apportare variazioni nei condimenti e nelle presentazioni. L'azoto e le bolle piene di fumo in cucina non é di casa, la cipolla si!

Fonte corriere.it  La cucina

28 novembre 2013
di Andrea Nicastro
BARCELLONA – Nell’esclusivo mondo dei cuochi stellati, Ferran Adrià resta un marziano. È lui ad aver portato l’azoto liquido in cucina, ad aver creato gli sferificatori, il gelato-polenta e le spume croccanti. Come può un terrestre qualunque, orgoglioso del suo banalissimo pollo al forno, intervistare lo chef degli chef, l’inventore della cucina molecolare, un profeta che sa di esserlo e che ha trasformato se stesso in un marchio planetario? L’unica è cominciare a prendergli le misure, capire se è davvero un alieno o ha qualcosa di umano. 
Scusi Adrià, cosa si è cucinato ieri sera?

«Ieri? Cuori di lattuga con aceto balsamico e uova con jamon de bellota».
Lo fa spesso? Intendo, cucina spesso in famiglia? I suoi commensali sono consapevoli che un qualunque suo piatto, in un ristorante, avrebbe un prezzo pazzesco?
«Una cosa è il mangiare di tutti i giorni che deve essere molto sano ed equilibrato, un altro è quando in un ristorante vogliamo vivere un’esperienza gastronomica».
Va anche a fare la spesa? 
«Certo, quando ho tempo. Ho la fortuna di avere l’”ufficio” accanto alla Boquería, il mercato comunale di Barcellona».
Le capita anche di entrare in un supermercato? Che prodotti riesce a comprare tra gli scaffali destinati a noi gente comune? 
«Sinceramente, credo che al giorno d’oggi in tutti i Paesi del mondo ci siano supermercati con prodotti di qualità molto buona. È anche ovvio che ci sia un’offerta molto differenziata dato che non tutti i clienti hanno lo stesso potere d’acquisto. Sarebbe bello se potessimo avere sempre il meglio, però non dobbiamo ingannarci. L’alimentazione è una necessità primaria ed è un bene che siano disponibili alimenti basilari a prezzi bassi. Come cuoco pretendo la massima qualità, ma sarebbe demagogico dire che tutti devono cibarsi così».
«La cucina è importante nella vita: siamo quello che mangiamo»
Meglio mangiare sano o buono? 
«La cucina è fondamentale nella vita. Se ci nutriamo male, ne pagheremo le conseguenze sulla salute. Siamo quel che mangiamo. Però, ripeto, a casa, al supermercato o al ristorante dobbiamo tener ben presente che una cosa è alimentarsi e un altro la gastronomia». 
Mi regala una ricettina molecolare? Una cosina semplice per far parlare gli amici. 

«La cosa migliore in casa è cucinare ciò che siamo in grado di realizzare in modo ottimo. Non sono eccezionali dei maccheroni alla carbonara? O una buona insalata caprese? La mia raccomandazione è questa: in casa mangiamo quello che sappiamo fare e che ci faccia bene, poi se vogliamo provare l’alta gastronomia, quando e se possiamo permettercela, andiamo in un ristorante dove la realizzino bene».
Insomma, il mio pollo è riabilitato, ma nessun regalino molecolare. 
«Non condivido la definizione di “molecolare”. Non si tratta di una cucina realizzata da scienziati. Noi usiamo il sapere scientifico (come molte altre persone di altre discipline) per aumentare le nostre conoscenze e in questo modo cucinare meglio. La parola che credo definisca di più questo stile di cucina è tecno-emozionale. Non si può identificarla con una singola ricetta, ma con una successione di piatti che compongono l’intero menù. Il principale obbiettivo è creare concetti ed emozionare chi assapora».
Lei ha chiuso il suo ElBulli nel 2011. Teoricamente sarebbe un ex cuoco. Cosa sta facendo? 
«Non ho mai cucinato tanto in vita mia. Solo che lo faccio mentalmente. Lavorando a Bullipedia passiamo la giornata pensando ricette».
Tra i suoi tanti progetti c’è la sua sfida culinaria a Wikipedia e la trasformazione del ristorante in una sorta di museo-centro ricerche mai visto prima. Il tutto in partnership con Telefonica, l’aspirante padrona di Telecom Italia. A che punto è?
«Bullipedia non sarà on line prima del 2016. Per la Fondazione è ancora troppo presto per stabilire una data certa. Però il progetto sta progredendo velocemente e in modo molto solido. Nello spazio che era del ristorante ci sarà un centro espositivo visitabile da chiunque sia interessato a conoscere la storia di elBulli e la trasformazione inelBulli Foundation».
Dopo la chiusura lei ha fatto libri, mostre (l’ultima a Londra), conferenze, kit di cucina, persino barrette per ciclisti. Immagino gustosissime e doping free. Sono molti i ristoranti stellati che vantano una sua ispirazione. Dove trova il tempo? 
«Sono immerso in tanti progetti, ma tutti in relazione l’uno con l’altro e destinati a confluire nella Fondazione. Riesco a stare al passo perché sono idee appassionanti che mi divertono moltissimo. E poi sono circondato da una squadra eccezionale».
ElBulli ha chiuso come molti ristoranti stellati. Sembra che con la crisi economica ci sia meno spazio per conti così salati e che gli chef abbiano ripiegato su gastrobar più abbordabili. 
«Non credo in questa analisi. I gastrobar sono sorti come un nuovo modello di ristorazione. E’ una formula che funziona, avvicina a un pubblico generale una cucina molto simile a quella che si pratica nei ristoranti gastronomici. Ma non hanno soppiantato i ristoranti di alta gamma. Sempre ci saranno bar, ristoranti economici e gastronomici». 
«Aiuto
mio fratello Albert
nel suo gastrobar a Barcellona: un locale che funziona»
Come il gastrobar Tickets di suo fratello Albert a Barcellona? 
«Sì, suo e dei fratelli Iglesias. Io aiuto in tutto quello che posso e mi diverto molto. Funziona. Considero importante dimostrare che l’alta gastronomia si possa democratizzare e possa essere a disposizione della maggioranza delle persone». In Italia Davide Oldani sta sperimentando una cucina sofisticata con prodotti poveri, a prezzi abbordabili. È la strada?
«Da elBulli proponevamo un menù con patate, uova, sardine e pomodori come ingredienti principali. Però è diverso preparare un piatto con una sardina desquamata, filettata, despinata, marinata ecc ecc che una sardina alla bruttesca, cioè senza manipolazione».
In un ristorante d’alta gamma cosa influisce di più sul prezzo? Le materie prime, il servizio esclusivo o la lavorazione? 
«Varia molto secondo lo stile del locale. Quando parliamo di prodotti esclusivi come il caviale, chiaro che il prezzo ne risente. Ma, in genere, quando si tratta di gastronomia la maggior influenza sta nella mano d’opera e nel grado di elaborazione che si pratica in cucina».
In Italia che ristoranti consiglierebbe? 
«Dipende molto dal momento e dal luogo. In Italia cercherei una buona pizza, un’ottima pasta. Dipende da cosa piace e i ristoranti cambiano».
Quando un altro elBulli?
«Mai più. Resterò concentrato sulla elBulliFoundation e cercherò di portare il mio granellino di sabbia per aiutare chiunque lo voglia. Quello che ho imparato sarà a disposizione di tutti i ristoranti del mondo».

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